mercoledì 8 settembre 2010

Hammerheart: il migliore degli album possibili


Qualcuno ha detto che il metal tra trecento anni sarà considerato musica classica. Questo parere ci sembra forse troppo condizionato da sovrastrutture di pensiero per essere completamente condivisibile. Contiene in sé però una grande verità: il metal è un sistema autonomo. È infatti esperienza comune di quanto i metallari siano distinguibili dal resto della folla e quanto sia vasta la galassia del metal. Il metal non è più un genere musicale: è un periodo storico autonomo. Al suo interno la divisione in generi è tale da manifestare in pieno questa realtà.
È passato molto tempo da quando si cercava di distinguere (spesso con difficoltà) heavy metal da hard rock e a posteriori alcune scelte ci sembrano improbabili. Possiamo dubitare che i Black Sabbath (i padri stessi del genere) degli anni ’70 siano metal, ma non possiamo dire lo stesso di gruppi come Mayhem, Sepultura, Cannibal Corpse. Il metal è un mondo a sé stante diviso in generi molto diversi tra loro. La sua storia deve essere approfondita come quella di qualsiasi periodo storico. Anche perché il metal, oltre ad avere un suo sviluppo interno (per cui il suo evolversi può essere vista come una continua ricerca di un suono sempre più pesante), riflette e si nutre delle contingenze musicali e culturali circostanti. Senza l’hardcore non ci sarebbe stato trash metal, l’hair metal è concepibile solo inserito nel (dubbio) gusto degli anni ’80.
Questo discorso vale anche per il folk metal. È sul finire degli anni ’80 che salta fuori il folk metal: e sono proprio gli anni in cui l’intera musica palesa il suo interesse per le musiche tradizionali. Sono gli anni dei Pogues (forse è proprio il punk a generare questo fenomeno, nella sua accezione d ritorno alle origini della musica), sono gli anni del proliferare della musica irish, seguita a ruota da folk locale ad ogni latitudine. Possiamo peraltro notare come negli stessi anni le esigenze delle realtà locali riemergano potentemente in molti stati dell’Occidente.
Anche nel metal viene fuori il folk. Il primo genere ascrivibile a questa categoria è sicuramente il viking metal. Pionieri del viking metal sono i Bathory. Bathory è l’one man band di Quorthon, musicista geniale che non dovrebbe essere relegato ai soli metallari, ma ascoltato e riverito da tutti coloro che si interessano di musica.
I Bathory iniziano la loro carriera nel 1983 (quando lo svedese Quorthon ha solo diciassette anni) con l’album omonimo. È un album rivoluzionario: bassa qualità, sound ispirato al recente trash metal, primo utilizzo di uno scream violento, tematiche sataniste. Successivamente sarà ritenuto il primo album black metal della storia e la prima ondata di gruppi black metal (la scena norvegese di inizio anni ’90) vedrà in Quorthon una sorta di “padre fondatore”.
Quorthon continua la sua ricerca musicale, sviluppando un proprio percorso autonomo. A partire dal suo quarto album, Blood Fire Death (1988) possiamo riscontrare un netto cambiamento: i ritmi rallentano notevolmente, fanno la loro comparsa tematiche e suoni “nordici”. L’interesse per la storia scandinava da vita a testi di argomento mitologico e storico. È la preparazione alla rivoluzione folk, all’invenzione del viking metal.
Questa rivoluzione si attua pienamente nel successivo album, Hammerheart (1990). Di fronte a quest’album non possiamo non rimanere stupiti. È decisamente metal, l’uso delle chitarre fa capire che ci troviamo di fronte ad un gruppo scandinavo, le melodie ci fanno capire che è un album dei Bathory. Ma c’è ben altro. C’è musica completamente nuova. Ci troviamo di fronte al primo album viking (e quindi folk) metal.
Hammerheart è un concept album. Nel dipanarsi attraverso otto lunghe tracce, ci viene restituito un affresco della vita e della società degli antichi abitanti del Nord. Ci sono gli assalti vichinghi, c’è la vita quotidiana, c’è il culto agli dei e la speranza nel Valhalla, c’è il racconto drammatico della cristianizzazione della Scandinavia. Ascoltandolo si resta ammutoliti, pare veramente di essere sbalzati indietro nel tempo, sulle rive del freddo mare, in un villaggio dove ferve la vita, in un mattino in cui i giovani si imbarcano per spedizioni avventurose al di là del mare, cercando l’eroica morte, segno che Odino (costantemente invocato) li ha accolti nel banchetto eterno. Gli abitanti del Nord sono resi vivi, non sono Vichinghi stereotipati, ma proiezioni mentali di una cultura che si riscopre e gelosamente si rivendica. Pare di trovarci di fronte ad un lavoro di riscoperta delle tradizioni ottocentesco, pare di avere sotto gli occhi (nelle orecchie), l’opera di un autore Romantico o di uno studioso del Folklore.
In quest’album c’è forse traccia del sistema di valori e delle idee che il riservato Quorthon preferì sempre tenere per sé: amore per la propria terra, ricerca di una comunione spirituale con la natura, consapevolezza dell’orgoglio del proprio retaggio, sofferenza nei confronti dell’imposizioni (l’anticristianesimo dei Bathory fu sempre questo: rifiuto di un sistema ideologico imposto che strozzò gli antichi costumi nordici, costringendoli ad uno snaturamento). Ci troviamo di fronte ad un sistema di valori positivo e propositivo e ci paiono lontanissimi gli eccessi e gli atti illogici spesso compiuti da esponenti dello stesso genere musicale che si ispiravano a Quorthon (e che Quorthon condannò).
Musicalmente Hammerheart è un album innovativo. Possiamo certamente riscontrare dei difetti (spesso la vocalità di Quorthon fu tacciata di monotonia), ma dobbiamo anche riconoscere un ricorso consapevole a vari accorgimenti che traslano l’album da semplice prodotto musicale a ben altro. L’elaborazione dei testi, la ricerca di uniformare l’album per renderlo un’opera unitaria non possono non essere notati.
Hammerheart fu dunque il primo album folk metal, ma è tutt’ora un prodotto altissimo di questo genere e forse qualcosa in più: un grande prodotto dell’umanità, meritevole di studio e lode.
Di cosa parla quest’album tanto incensato? Ecco una breve esposizione delle varie tracce:

Shores in Flames

A primavera possono cominciare le scorribande dei guerrieri. I vichinghi s’imbarcano intrepidi pregando gli dei di dare loro la vittoria. Si avvicinano alle mura di una città per attaccarla all’alba. Il coraggio è dalla loro, come la consapevolezza che, se cadranno, verranno accolti nell’alto dei cieli, nel Valhalla.

Valhalla

Un guerriero morto, disteso nella sua barca. Una preghiera al possente dio del tuono, che lo accoglierà nel Valhalla “great warriors hall”.

Baptized in fire and ice

Un figlio del nord, a termine della propria vita, è consapevole che continuerà a vivere nella sua discendenza. Infatti, i riti del fuoco e del ghiaccio fanno sì che i figli delle tribù del nord vivano in armonia con la natura, riconoscendo i poteri che agiscono nel mondo. Gran bel testo.

Father to son

Come nella canzone precedente c’è la consapevolezza del proseguimento di se stessi nella propria discendenza. Un padre tiene in braccio il proprio erede, cantandogli cosa sarà la sua vita: la trasmissione della propria cultura è l’unico modo per perpetuarsi.
Oh, my child please take heed
Through you I am granted to live on
These words more worth than you will ever know
Make them live on from Father to Son

Song to hall of up high

Un inno ad Odino, dio che veglia sui suoi figli. La voce di Quorthon lo rende commovente.

Home of once brave

La consapevolezza della voce narrante di una terribile idiosincrasia: da una parte lui ricorda il passato della terra in cui vive, i valorosi uomini che l’abitarono. Dall’altra i suoi contemporanei stanno dimenticando e si è persa in loro la meraviglia di fronte alla bellezza della libera terra del Nord.

One rode to Asa Bay

In una lunga canzone viene raccontata la cristianizzazione forzata della popolazione scandinava. Il cristianesimo, visto come imposizione esterna, è destinato a modificare per sempre le abitudini ed i costumi delle tribù del Nord.
And whispered silent words forgotten
Spoken only way up high
Now this house of a foreign God does stand
Now must they leave us alone
Still he heard from somewhere in the woods
Old crow of wisdom say
...people of Asa land, it's only just begun

Occulti Vates

Maggiori informazioni, qui.
L'album su youtube, qui.
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