mercoledì 1 dicembre 2010

Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell: il più strano degli album possibili

L'alterità tra chi ascolta metal e chi non l'ascolta (compresi i fan delle inutili ballades di gruppi americani o americaneggianti) è riassumibile nel ben noto pregiudizio: il metal causa fastidio perché è pesante (affermazione tautologica), il metal estremo deve restare inesplorato perché è rumoroso e cantato con rutti e vomiti. Volendo stilare una classifica del metal estremo poi ci viene da mettere in testa il black metal, freddo, ostile, cattivo. I non metallari non si sognerebbero mai di ascoltare black metal, specialmente se preso nella sua radice più autentica, il cosidetto TNBM (true norwegian black metal), l'insieme di gruppi della scena norvegese di inizio anni '90. Per chi bazzica poco queste frontiere basti ascoltare la prima traccia di un album decisamente TNBM: Nattens Madrigal - Aatte Hymne Til Ulven I Manden degli Ulver:



Terribile, vero? Uno strazio, per certi versi incomprensibile. Quest'album è il terzo all'attivo degli Ulver (Lupi, in norvegese). La loro storia è fino a questo punto quella di un normalissimo (si fa per dire) gruppo della scena black norvegese: quando nasce il progetto i membri sono giovanissimi (il cantante, Garm, è del 1976) e pare abbiano una gran voglia di far sentire la loro musica: tra 1993 e 1997 escono un EP e tre album. Il loro sentiero musicale pare ben definito, riconoscibile e con spunti originali, ma inquadrato in quei fenomeni tipici dei musicisti della scena black coeva: la fusione, tipicamente norvegese, tra elementi black e folk nel primo album Bergtatt, un secondo album completamente folk come Kveldssanger, un terzo album completamente black, freddo, volutamente con una qualità di registrazione bassissima come il succitato Nattens Madrigal.
Un'ottima carriera, certo, ma destinata a rientrare nel panorama (forse) ristretto del black metal. E invece gli Ulver stupiscono tutti. Nel 1998 esce il loro quarto album Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell e niente è più come prima. Gli Ulver abbandonano, decisamente e senza rimpianti, il black metal: è un album generalmente definibile come avant-garde metal (definizione vaga, ma Garm è sicuramente tra quanti portano avanti con più decisione il genere) e decisamente orientato verso l'elettronica. Un cambio di genere musicale nettissimo. Quest'album serba infatti qualche memoria di sonorità "pesanti", ma sono talmente integrate e circondate dal nuovo genere intrapreso da sembrare solo delle scelte stilistiche, non degli echi di album passati. Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell potrebbe, insomma, essere un album maturo (musicalmente è molto consapevole) di un gruppo che non ha mai suonato black metal.
Già questo mi sembra un fatto degno di nota. Ma una caratteristica è ancora più sconvolgente e rende particolare e unico questo album: i testi. Come denuncia il titolo gli Ulver si ispirano ad un'opera del noioso poeta inglese Blake, vissuto a cavallo tra Settecento e Ottocento: The Marriage of Heaven and Hell. E cosa fanno per renderla nel modo più certo e completo? La mettono in musica! Provare per credere: i testi delle varie tracce non sono altro che le varie sezioni dell'opera, riportate (quasi) integralmente.
Non mi viene in mente niente di simile o comunque paragonabile.
L'idea (sicuramente curiosa e encomiabile) di unire così radicalmente musica contemporanea e letteratura "vecchia" e consacrata poteva peraltro rimanere un tentativo inconcludente. Invece l'album si presenta armonioso e meritevole dall'inizio alla fine (la durata è peraltro scoraggiante: 100 minuti compresa la coda di silenzio di ben 20 minuti). Peraltro la variazione di genere e d'influeza ne allarga enormente il raggio di pubblico, rendendolo decisamente un album al di sopra di ogni genere e catalogazione.
Una scelta che sicuramente colpisce (se vogliamo continuare a stupirci di questa stupefacente opera) è la scelta dell'opera da mettere in musica. William Blake è autore di una letteratura visionaria e unica che decisamente spiazza il critico e il lettore. Wordsworth lo definì "mad", senza alcun giro di parole, le incisioni e i disegni che ci ha lasciato ci fanno capire che ci troviamo davanti forse a un genio, sicuramente a un incompreso. Romantico e visionario, Blake aveva nei confornti della religione tradizionale un atteggiamento ambivalente. Il suo credo, astruso e modernissimo, è tutto in quest'opera scritta per apparire come una sorta di testo sacro, un vangelo dionisiaco dell'energia. A noi non resta che ringraziare gli Ulver che nel passare dal black metal della loro adolescenza all'elettronica e al trip hop dell'età adulta ci hanno fatto scoprire questo testo così strano e immaginifico e coinvolgente.
Un album da non perdere, come anche la restante carriera dei bravi Ulver.

La traccia più rilevante è forse Proverbs of Hell in cui la fusione tra musica, voce, testo lettarario si fa praticamente perfetta e inimitabile.

Occulti Vates

Playlist con l'album, qui.

3 commenti:

  1. Musicalmente non è affatto male quest'album: è evocativo ed epico quanto basta, anche se a tratti molto duro. Solo che mi continuo a chiedere perché i metallari debbano cantare squarciandosi le corde vocali.
    Non vorrei sbagliarmi, ma credo di aver già sentito una volta di un'opera letteraria trasportata in musica. Però non saprei essere più preciso, quindi potrei anche stare dicendo una stupidaggine. Di certo l'operazione è affascinante e fuori da qualsiasi moda e da qualsiasi tempo.

    Ah, anche l'articolo è scritto molto bene. Salute a te, Occulti Vates

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  2. quando mi è stato detto

    "o ce stanno i metallari che fanno l'elettronica"

    ho pensato di trovarmi a qualcosa come questa:

    http://www.youtube.com/watch?v=ThKNt-GY1ww

    oppure

    http://www.youtube.com/watch?v=w8pLwPHH0Xs

    o anche

    http://www.youtube.com/watch?v=R5qBhMYmhOo

    ovviamente non era così. al primo ascolto mi son trovato innanzi ad una roba che pareva ambient (una musica che associo alle librerie pseudo fricchettone e ai locali scicche con gente figa dentro) e quindi l'ho vista subito con diffidenza.

    in realtà poi, continuando con l'ascolto, il mio giudizio è senza dubbio migliorato, grazie a pezzi più teatrali, a volte quasi recitati, e ad una musicalità che, da ignorante quale sono, ho trovato più "consistente".

    insomma mi piace, strano a dirsi, qualcosa che nasca dall'odioso metàl.

    grazie per il consiglio, ciao occultivà

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  3. Ti dirò: trovo molto interessante il progetto (soprattutto la scelta di Blake come autore tra gli autori possibili)e sto apprezzando il risultato.

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